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Storia e tradizioni
Il Cappone in Galera PDF Stampa E-mail
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Appartiene a quella famiglia di piatti poveri che la tradizione vuole venissero consumati dai marinai sulle imbarcazioni da carico e da pesca: il Condigion (pron.: cùndigiùn) o Cundijun della Riviera di Ponente, la Capponadda - niente a che vedere con quella siciliana a base di melanzane, olive, capperi e pomodori - la stessa Insalata Nizzarda e infine la derivazione più ricca e nobile, il Cappon Magro, sono tutti piatti freddi basati su uno zoccolo di galletta da marinaio intrisa in acqua salata e aceto. Sopra, secondo le disponibilità, troviamo in primis le acciughe sotto sale, i capperi, il mosciame, oggi vietatissimo in quanto si trattava di filetto di delfino essiccato, e sostituito da bottarega (uova essiccate) di muggine, tonno o altro, e poi olive, tonno, uova sode, cipolle, olio d’oliva. Solo nelle versioni più moderne troviamo anche pomodori e peperoni, infatti dobbiamo tenere presente che questi alimenti diventano di uso abbastanza comune solo dal 1800 in poi.
Allora, il Cappone in galera si chiama così perché pare fosse uno dei pasti veloci che i marinai delle galee riuscivano a mettere insieme a bordo. Le galee o galere sono state dal V° secolo a.C. le navi più utilizzate per la guerra e il trasporto delle merci. A remi più vele, esistevano ancora nel 1800. Evolute dal ‘400 in brigantini e galeoni divennero navi mercantili, ma sempre con un armamento necessario a difendersi dai pirati...
Preparazione
Dunque, la base abbiamo detto che è una galletta da marinaio: una specie di pane a lunga conservazione, naturalmente duro e secco già all’origine, per proteggerlo dall’ammuffimento, che sulle navi veniva ammorbidito con l’acqua di mare e un po’ di aceto (o vino andato a male?). La galletta va rotta a pezzetti per favorire l’assorbimento del liquido, che nel nostro caso sarà aceto bianco diluito con acqua e il sale necessario. Una volta intrisa, aggiungeremo olive, pomodori tagliati a fettine o cubetti, capperi, filetti di acciuga dissalati, uova sode e se ne abbiamo la disponibilità anche qualche fettina di bottarega.
Un bel filo d’olio extravergine d’oliva della Riviera Ligure completa il tutto.
Il piatto dovrebbe riposare qualche ora al fresco per dare il meglio. La presentazione dovrebbe essere rustica: tutti gli ingredienti mescolati in una ciotola. Si può optare anche per una presentazione moderna, disponendoli direttamente sul piatto in modo più artistico, alternando i colori e conferendo altezza e volume alla preparazione come la società dell’immagine ci impone oggi. A me sembra questa una inutile forzatura: l’origine è rustica e l’amalgama migliora il sapore, quindi propendo nettamente per comporre il piatto nel modo tradizionale. Il cappone in galera ha una cugina in Toscana: la panzanella, un modo per riutilizzare il pane raffermo sposandolo con pomodori, cipollotti, basilico, tonno, olive, cetrioli, olio d’oliva.
 
Il Pesto alla Genovese: storia e tecnica PDF Stampa E-mail
Scritto da MT   

Il simbolo della cucina Genovese ha radici relativamente recenti: fino alla fine del XVIII secolo non c’è infatti traccia del Pesto nelle ricette e l’uso di condire la pasta con questa salsa ha preso campo solo dal 1800 in poi.

La salsa di noci è più antica: l’idea di pestare nel mortaio semi oleosi per ottenere una salsa (dolce o salata) risale al Medioevo ed ha origini orientali. La tecnica di unire al pesto (di pinoli, noci e aglio) la quagliata oppure una fresca ricotta di pecora, discende dall’uso dello yogurt, che era l’ingrediente originale usato sulle sponde del Mar Nero, dove i Genovesi avevano interessi commerciali. E’ noto invece il Battuto all’aglio, in pratica un Pesto senza basilico che veniva usato per condire stoccafisso e patate.

 

 

Per  tutto l’800 e fino alla prima guerra mondiale il Pesto venne considerato un cibo decisamente popolare, adatto ai camalli (facchini del porto), agli operai delle aziende meccaniche e navali. Si trattava infatti di un Pesto più grintoso e rustico dove predominavano l’aglio e il pecorino stagionato.  Si preparava esclusivamente nel mortaio, pestando le foglie di basilico insieme all’aglio, pinoli (e talvolta gherigli di noci spellati o anacardi), al sale grosso, che aveva la funzione di aiutare a sminuzzare il tutto. L’olio di oliva, il parmigiano e il pecorino completavano la salsa.

L’uso di aggiungere verdure (fagiolini, fave, zucchini, patate) durante la cottura di paste fresche o secche è più antico: risale alla fine del 1700. Ad esempio nella riviera di Levante, dove al Pesto viene frequentemente unita la Prescinsœa, le patate e i fagiolini sono praticamente obbligatorie per condire le trofiette di Recco. Il Pesto condisce anche il Minestrone alla Genovese, ma in questo caso deve essere più “forte, maschio e maleducato” come sosteneva il marchese Giuseppe Gavotti, accademico della cucina ligure. Infatti il pesto per il minestrone viene preparato senza pinoli e con più aglio, lasciandolo anche più grossolano. Ora la tecnica: oggi nessuno più usa il mortaio. Il frullatore è più veloce e dà ottimi risultati.

Pesto alla Genovese

Gli ingredienti sono arcinoti:

Basilico della Riviera Ligure, (quello migliore è coltivato in serra e raccolto alla fine dell’inverno: ha foglie piccole e tenere che non diventano scure una volta pestate o frullate. Il basilico primaverile e estivo, coltivato nell’orto, ha un sapore più forte e mentolato e foglie più grandi e rigogliose che tendono a scurire)

olio di oliva, pinoli di Pisa, parmigiano, pecorino stagionato, aglio, sale.

Le differenze più rilevanti nei risultati sono in genere dovute alla qualità e al dosaggio degli ingredienti. La tecnica di preparazione ha tuttavia la sua importanza: un buon pesto si può fare in diversi modi e con diverse dosi, basta seguire poche regole.

Il basilico lavato non deve essere strizzato, ma asciugato delicatamente (la centrifuga per le insalate dà ottimi risultati).

La miscela degli ingredienti non si deve scaldare durante la lavorazione e la macchina usata deve sminuzzare il tutto nel più breve tempo possibile (un frullatore che non taglia o taglia poco, scalda il pesto con l’attrito delle lame e la salsa diventa scura).

Se si usa il cutter  conviene mischiare prima le foglie di basilico con i pinoli, l’aglio tagliato a pezzettini, il formaggio grattugiato e il sale; mettere tutto nel bicchiere, versare quasi tutto l’olio e avviare la macchina per pochi secondi, sufficienti ad avere un pesto fine ed omogeneo. Il resto dell’olio si incorpora alla fine fuori dal cutter.

Con un frullatore tradizionale a bicchiere alto e stretto la tecnica precedente non è utilizzabile perché i coltelli pescano solo sul fondo e per avere un prodotto fine si rischia di scaldare il pesto. Conviene allora frullare prima aglio, pinoli e circa la metà dell’olio in modo da ottenere un fluido utile, con il vortice che forma, a portare le foglie di basilico verso i coltelli in modo abbastanza omogeneo e rapido.

Al limite si può usare anche un tritacarne (purché con disco a fori piccoli e coltelli affilati): si miscelano tutti gli ingredienti tranne l’olio (il formaggio che si attacca alle foglie evita che queste vengano “spremute” dall’elicoide) e si passa una o due volte. L’olio si aggiunge dopo.

 
La Polenta: tradizione gastronomica del nord Italia PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   

 

« Dammi polenta ed acqua: in tal modo, quanto a felicità, sarò un emulo dello stesso Giove »
(Epicuro, filosofo greco del IV-III a.C.)

Molto tempo prima dei corn flakes e del pop corn, la polenta, formata da acqua, farina di cereali e sale, cotta in un paiolo per circa un'ora, è stata per millenni l’unico modo per ottenere un cibo pronto dai cereali. Oggi il cereale più usato in europa è il mais o granoturco, ma prima della scoperta dell’America si ottenevano polente anche da cereali diversi: farro, orzo, segale, miglio, grano saraceno, frumento.
Secondo la tradizione locale il mais giunse in Val Camonica attorno al 1630, con l'importazione di soli 4 chicchi di granoturco dalle Americhe da parte del nobile cavaliere Pietro Gaioncelli.
Le varietà di mais più celebri da cui oggi si ricava la polenta sono Marano e Sponcio in Veneto e il rinomatissimo Otto file prodotto nella provincia di Asti, ad Antignano.
La farina di mais si distingue in bramata, a grana grossa, per ottenere polente rustiche e gustose, fioretto, più fine, adatta per polente pasticciate, morbide e delicate, fumetto di mais: una farina finissima adatta alla produzione di dolci e biscotti (detti anche dolci di Méliga).
La polenta taragna è una ricetta tipica della cucina valtellinese, camuna e delle valli bresciane e bergamasche. Il suo nome deriva dal tarai ("tarel"), un lungo bastone usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui veniva preparata. E’ preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni di altre regioni che utilizzando solo farina di mais danno vita a una polenta gialla, o anche bianca. Nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.
La polenta concia è uno dei più noti piatti tipici valdostani e biellesi. Molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde, è conosciuta anche come "polenta grassa". I suoi ingredienti sono quelli tipici della cucina popolare tradizionale delle montagne italiane: farina di mais e formaggio. La polenta concia non ha una ricetta rigida, ma viene preparata fondendo nella polenta a fine cottura cubetti di fontina e/o toma e burro fuso.
Nella variante valdostana, vengono versati sul piatto già pronto burro fuso, formaggio stagionato (ad esempio Grana Padano) grattugiato e pepe. Spesso il piatto viene a questo punto messo in forno per qualche minuto per far fondere il formaggio grattugiato e formare una crosta croccante. In alcune zone, si aggiunge sulla polenta fumante anche una fetta di lardo d'Arnad.
Nel Piacentino la pulëinta consa consiste di strati sottili di polenta ricoperti di sugo e alternati con una abbondante spolverata di Grana.
 
La torta Pasqualina e altre delicatezze PDF Stampa E-mail
Scritto da MT   

 La torta Pasqualina é uno dei piatti più rappresentativi della cucina ligure. Nonostante ne esistano decine di versioni, solo poche si rifanno all'antica ricetta: motivi di praticità e di economia ne hanno stravolto in molti casi la originale composizione. Molti confondono la Pasqualina con la torta alla Cappuccina descritta più avanti, altri asseriscono che la Pasqualina è fatta di carciofi. La ricetta descritta di seguito é una riedizione abbastanza fedele della vera torta Pasqualina preparata dai cuochi genovesi di tanti anni fa (dall’Antica Cuciniera Genovese del 1929).

Procedimento e ingredienti
– Preparate una pasta morbida e ben lavorata con farina tipo ‘0’ , acqua, sale e un po' d'olio d'oliva. Dividetela in 16 palline (la ricetta originale ne prevede 28 o 33) per ciascuna torta e mettetele a riposare sotto un panno leggermente umido.
– Eliminate le coste a delle bietole, lavatele e asciugatele; arrotolate le foglie e tagliatele a striscioline sottili. Passatele al burro con cipolla e prezzemolo tritati, finché saranno morbide, salatele e lasciate raffreddare (in alternativa le bietole si possono anche lessare o cuocere a vapore, ma stufate insieme alla cipolla acquistano un sapore più ricco)
– Ungete con olio d'oliva l’interno di una teglia a bordo alto. Prendete una pallina di pasta e stendetela col mattarello fino a farla diventare una sfoglia sottilissima, poi infarinatevi le mani e, toccando la pasta solo con il dorso e mai con le unghie, tiratela ancora fino a farla diventare sottile come un velo.
– Mettete questa prima sfoglia nella teglia e ungetela leggermente, ma su tutta la superficie, con un leggerissimo velo d'olio (anticamente si usava una piuma di gallina per distribuirlo senza rompere le sfoglie). Tirate un'altra sfoglia e avanti così, sovrapponendo veli di sfoglia e olio, fino a che avrete adoperato metà delle palline.
– Ora stendete sul fondo della torta le bietole stufate e cospargetele con una buona manciata di parmigiano grattugiato.   Sopra alle bietole stendete uno strato alto un dito di quagliata (Prescinsëua per chi conosce il genovese) condita con sale e pepe.
– Sulla quagliata fate delle fossettine a distanze regolari e sgusciate dentro ognuna un uovo. Salate, pepate e cospargete di parmigiano grattugiato e maggiorana tritata la superficie delle uova.
– Ricominciate a tirare le sfoglie come prima e ricoprite la torta sempre ungendo ogni sfoglia.
– Ritagliate la pasta eccedente il bordo della teglia lasciandone un paio di centimetri. Arrotolate il bordo a formare un cordone (il cosiddetto oexin – piccolo orecchio). Proprio l’orlo è il punto critico: se è croccante e fragrante siamo di fronte a una Pasqualina come si deve; se invece sa di pane con la pasta parzialmente cruda all’interno abbiamo un prodotto mediocre...
Ungete bene la superficie della torta e cuocetela a 180° in forno statico per circa un'ora.
Sopra la torta per effetto degli strati di pasta che trattengono il vapore all’interno, si formerà una cupola che ha però durata breve: a meno che non pratichiate un foro nella cupola per lasciar uscire il vapore formatosi all'interno, questo la farà afflosciare mano a mano che la torta si raffredda.

Osservazioni
Per questioni di praticità e risparmio di tempo, oggi spesso queste torte vengono confezionate con la pasta sfoglia o la brisée, limitando gli strati ad uno sopra e uno sotto... Il risultato è accettabile ma, ma la versione originale è tutt’altra cosa.
La quagliata o Prescinseua è spesso sostituita dalla ricotta, di più facile reperibilità e dal sapore meno caratteristico. Quest’ultima va altrettanto bene, ma per renderla più simile all’ingrediente originale si può modificare con qualche goccia di succo di limone e un po’ di panna liquida.

Torta Cappuccina
Gli ingredienti sono esattamente gli stessi della torta Pasqualina, la differenza è che in questa le bietole, la quagliata e le uova vengono amalgamate e non disposte a strati
Torta di carciofi
Affettate sottili i carciofi e saltateli in padella con burro, olio, cipolla e prezzemolo tritati. Lasciateli al dente e procedete come per la torta Pasqualina o Cappuccina sostituendo i carciofi alle bietole.
Torta di zucca
Come la Pasqualina, ma sostituendo le bietole con della zucca a polpa gialla e soda. Pelate e tagliate la zucca a dadi e passetela al burro con cipolla tritata e funghi secchi, finché non sarà disfatta e asciugata, Se occorre, correggete la densità con un po’ di pane grattugiato in modo da rendere la farcia asciutta quanto basta, quindi usatela come strato di fondo della torta.
 
Le paste ripiene nella tradizione ligure PDF Stampa E-mail
Scritto da MT   

 

La Liguria è una terra avara: le montagne si infilano dritte nel mare, senza lasciare quasi spazio all’agricoltura nè all’allevamento del bestiame. In passato a Genova quindi non c’è mai stata abbondanza di un particolare prodotto alimentare locale. Però Genova, crocevia di scambi e commercio, ha sempre avuto se non la quantità, almeno la varietà. Il modo di dire “gh’é de tutto cum-me a Zena” – (c’è di tutto come a Genova) ha un suo fondamento proprio nel fatto che Genova dal punto di vista alimentare ha basato la sua cucina su una grande varietà di alimenti.
I Pansoti sono ravioli di magro originari del golfo del Tigullio la cui forma può variare dal triangolo al grosso tortello. Il ripieno originale era basato su quella selezione di erbe selvatiche chiamata Preboggion, più ricotta o Prescinsœua. Tra le erbe che compongono il Preboggion ci sono: cicerbita, talegua (o grattalingua), radicchio selvatico, tarassaco, pimpinella, ortica, uniti alle più comuni borragini, bietole erbette e prezzemolo.
Queste erbe si possono raccogliere nelle mattine di primavera sui cigli dei sentieri, nelle fasce e tra i muretti a secco e bisogna essere anche esperti per trovare quelle giuste. Non essendo coltivate, la loro reperibilità sul mercato è quasi nulla. Quando però si riesce a trovare il Preboggion, vale senz’altro la pena di trasformarlo in Pansotti. N.B. Le ricette sono tratte da La cucina dei Genovesi di Paolo Lingua. Leggetelo, se potete.
 
 
Pansotti
Per il ripieno:
       350    g    borragine
       350    g    bietole erbette
       500    g    preboggion
       150    g    ricotta
        50    g    parmigiano
          2          uova
                     aglio, sale e maggiorana
Procedimento
Le erbe selvatiche vanno lessate in pochissima acqua o anche cotte a vapore, poi tritate finemente insieme a ricotta, parmigiano aglio e maggiorana. Si aggiungono infine le uova per ottenere un composto abbastanza asciutto. La pasta deve essere delicata, quindi preparata con poche uova, acqua e vino bianco. La forma può essere triangolare o di grosso tortello. Si lessano per pochi minuti e si condiscono con la salsa di noci
 
Salsa di noci
Ingredienti
       500    g    di noci
          5    g    d’aglio (uno spicchio)
          1    dl   olio extravergine di oliva
        30    g    parmigiano grattugiato
                     la mollica di un panino bagnata nel latte
                     maggiorana e sale
A questi ingredienti classici c’è chi aggiunge pinoli e Prescinsœua, chi invece panna da cucina. Il procedimento è semplice ma laborioso: i gherigli delle noci dovrebbero essere scottati e pelati, perchè la pellicina è amarognola, ma è un lavoro lungo che nessuno si sogna di fare per grandi quantità. Da qui l’aggiunta dei pinoli per addolcire... Anticamente si preparava nel mortaio, oggi nel normale frullatore. Se si usa la panna è decisivo che questa sia del tipo da cucina, e NON quella fresca da montare, perchè nel frullatore monterebbe e poco dopo smonterebbe separandosi in siero e burro e rendendo la salsa inservibile.
 
Ravioli alla genovese
Un piatto dei giorni di festa: nella tradizione genovese erano d’obbligo a Carnevale e il giorno di Santo Stefano.
Per il ripieno
       200    g    di poppa di vitella
       300    g    di magro di vitello
       300    g    di animelle, filoni e cervella
       100    g    di salsiccia
          4          scarole
          2          mazzi di borragine
          3          uova
        30    g    di pinoli
        40    g    di parmigiano
aglio, maggiorana, sale, la mollica di un panino, burro.
Procedimento
Rosolare la carne tagliata a pezzi e la salsiccia con poco burro. Sbollentare a parte animelle, filoni, cervella e poppa. Scottare le verdure e strizzarle, quindi tritare finemente tutti gli ingredienti al tritacarne. Riunire tutto in una ciotola e aggiungere uova, parmigiano, la mollica di pane inzuppata nel brodo o nel sugo di carne, aglio pinoli e maggiorana tritati.
La pasta è la stessa dei pansotti: poche uova, acqua e vino bianco. La forma classica dei ravioli è quadrata: si possono fare a mano o con una raviolatrice a stampo o in continuo.
 
“Sugo di magro simile al grasso”
Una ricetta antica, usata nel periodo di Quaresima nel secolo scorso: è un sugo “di magro” cioè senza carne, ma con sapori altrettanto marcati.
Ingredienti
        20    g    di pinoli
       100    g    di burro
          2          cipolle
       600    g    di pomodori
          5    g    di funghi secchi
          2          acciughe salate
        20    g    di farina
                     aglio, rosmarino
Procedimento

Rosolare i pinoli nel burro e metterli da parte, far rosolare nel burro cipolla, aglio e rosmarino tritati, quindi aggiungere funghi, pomodoro e sale lasciando cuocere. Pestare i pinoli, le acciughe e la farina in un mortaio e aggiungerli al sugo allungando se serve con acqua o brodo vegetale.

 




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